mercoledì 30 novembre 2011

Human Hunting. Undicesima Lezione.


Basta poco per poter comprendere quanto, un' infanzia fatta di amore e affetto ricevuti da una famiglia con sani principi morali, possa portare ad un corretto sviluppo emozionale e sessuale del bambino. 
Allo stesso modo, se una persona viene pesantemente maltrattata fin dai suoi primi anni di vita, in modo violento, umiliante e sistematico, sia dal punto di vista psicologico che fisico, crescerà con una visione distorta e negativa della vita. Il mondo sarà un luogo pieno di odio, in cui tutte le relazioni umane si baseranno sull'abuso di potere e sulle umiliazioni.

martedì 29 novembre 2011

Human Hunting. Decima Lezione..


Eccoci giunti ad una nuova lezione di criminologia, nel corso della quale analizzeremo un altro dei "traumi" che sta alla base, probabilmente, della condotta degli assassini seriali: l'odio per la figura materna.

lunedì 28 novembre 2011

Human Hunting. Nona Lezione..


I serial killer costituiscono una categoria di criminali così crudeli e letali, che è scontato chiedersi se, oltre ad evidenti disturbi psicologici, non soffrano anche di disturbi fisiologici. Viene da chiedersi, insomma, se il loro cervello sia effettivamente uguale a quello di tutte le altre persone. 
Quando questo interrogativo è stato posto dagli studiosi del fenomeno, è stato messo su un vero studio per accertare eventuali differenze. Così, diversi esami vennero effettuati sul cervello dei vari serial killer.

mercoledì 23 novembre 2011

Human Hunting. Sesta Lezione.


Oltre alla classificazione che abbiamo analizzato nella precedente lezione, sono state elaborate 3 differenti tipologie di “sindromi” che caratterizzerebbero gli assassini seriali:

martedì 22 novembre 2011

Human Hunting. Quinta Lezione.


LE TIPOLOGIE DI SERIAL KILLER 
Il "Manuale di Criminologia Clinica" evidenzia 5 categorie di serial killer: il Visionario, il Missionario, il Dominatore, il Lussurioso (in inglese Lust Killer), l'Edonista.

martedì 15 novembre 2011

Cella d'isolamento #2: Belle Gunness


Belle Sorenson Gunness nasce come Brynhild Paulsdatter Størset l'11 novembre 1859 in Norvegia, in una famiglia povera. Il padre, Paul Pedersen Størset, lavorava come tagliapietre e possedeva una piccola fattoria che bastava a malapena a sfamare la famiglia; la madre, Berit Olsdatter, era una casalinga. La giovane Brynhild, la più piccola dei suoi otto fratelli, si manteneva come tante altre ragazze della sua età e della sua condizione sociale portando le pecore al pascolo. I fattori presso i quali lavorava erano soddisfatti del suo operato: sapeva svolgere svariate mansioni come ad esempio fare il formaggio e non aveva paura di passare la notte nelle baite di montagna; inoltre fisicamente era molto forte, era alta 1,73 per 91 kg di peso.
Il successo che riscuoteva tra i suoi datori di lavoro non era lo stesso che riscuoteva tra i suoi coetanei dai quali non era ben voluta e veniva descritta come una ragazza maliziosa e bugiarda.

In Norvegia circola una storia non verificata, sugli anni della giovinezza di Belle. Questa leggenda narra che Brynhild partecipò ad una festa danzante in stile country mentre era incinta. Lì venne aggredita da un uomo che le sferrò un calcio all'addome, facendole perdere il bambino. L'uomo, il quale proveniva da un ricca famiglia norvegese, non venne mai perseguito dalla legge.
Secondo le persone che la conoscevano bene, in seguito a quest'episodio, la sua personalità cambiò drasticamente. A ventitré anni, grazie all'aiuto della sorella, Nellie Larson, e di suo marito, emigrò negli Stati Uniti d'America dove la sorella si era stabilita precedentemente. Appena arrivata Brynhild cambiò il suo nome in Belle e iniziò a lavorare come cameriera. La sorella dichiarò: «Belle impazziva per i soldi. Erano il suo punto debole».


Circa due anni dopo essersi stabilita in America, Belle conobbe Mads Sorensen, un sorvegliante notturno, con il quale ben presto si sposò. Nel 1890 si trasferirono in un sobborgo di Chicago, ad Austin. Belle adottò in quel periodo una bambina di otto mesi, Jenny Olsen, il cui padre alla morte della moglie non si era sentito di crescere da solo. Quando però questi si risposò e volle riprendersi la figlia con sé, nacque una battaglia legale per la custodia di Jenny, dalla quale uscì vincitrice la Gunness.
Circa sei anni dopo iniziò ad avere figli suoi; i primi due, Caroline ed Axel, morirono rispettivamente nel 1896 e nel 1898 di colite acuta. Dopo sedici anni di matrimonio, nel 1900, trascorsi nella povertà, morì anche Mads Sorensen, lo stesso ed unico giorno in cui le due assicurazioni sulla vita che l'uomo aveva stipulato con due compagnie diverse erano entrambe valide. Il dottore che visitò Mads pensò subito ad un avvelenamento da stricnina.
Interrogata dal medico sull'avvenuto, Belle dichiarò di aver dato al marito una polvere per curare il suo raffreddore e il medico di famiglia assicurò al collega di aver prescritto lui stesso la medicina. Il medico si convinse a firmare il certificato di morte e le due assicurazioni pagarono la vedova. Belle con la somma acquistò un negozio di abbigliamento che pochi mesi dopo venne distrutto da un incendio la cui causa, secondo Belle, era da attribuire all'esplosione di una lampada a kerosene che però non venne mai rinvenuta.
Con i soldi dell'assicurazione comprò una fattoria nei dintorni di La Porte, nell'Indiana. Belle si stabilì nella nuova proprietà con la figlia adottiva Jenny e con le figlie naturali che le erano rimaste, Myrtle e Lucy. Nel 1902 sposò un macellaio norvegese, Peter Gunnes, che aveva conosciuto tramite dei suoi cugini. L'uomo rimasto da poco vedovo si trasferì nella fattoria di Belle con la figlia, Swanhilde. Nove mesi più tardi l'uomo morì in uno strano incidente domestico.
Peter era macellaio, e insieme alla moglie stavano preparando delle salsicce. Una volta finito il lavoro Belle lavò il tritacarne e lo mise ad asciugare su una mensola sopra il camino, dopo di che accompagnò le figlie a letto. Quando tornò trovò il marito steso per terra a faccia in giù. Il tritacarne gli era piombato in testa uccidendolo. Belle chiamò un medico che a sua volta avvertì la polizia; il coroner sospettò che si trattasse di un omicidio ma, grazie alla testimonianza della figlia adottiva Jenny Olsen (che affermò di aver assistito alla scena) il caso venne archiviato come incidente.
Il fratello di Peter non credette mai nell'innocenza della cognata e per sicurezza fece rapire la piccola Swanhilde Gunness per tenerla con sé. Ancora una volta la Gunness ottenne una discreta somma dall'assicurazione sulla vita del marito e due mesi più tardi diede alla luce un maschietto al quale diede il nome di Philip. Nel 1906, qualche anno dopo la morte di Peter Gunness, Jenny raccontò ad alcuni suoi compagni di scuola che era stata effettivamente sua madre ad assassinare il genitore, colpendolo violentemente col tritacarne.
La notizia circolò e Jenny venne quindi di nuovo interrogata dalla polizia, ma di fronte agli inquirenti negò tutto. Belle dopo quell'episodio raccontò ai vicini che avrebbe mandato la figlia adottiva in un collegio nel Wisconsin. La ragazza raccontò ad un suo compagno di scuola della sua partenza, promettendogli che prima di lasciare la città sarebbe passata a salutarlo e gli avrebbe dato il suo indirizzo. Invece partì improvvisamente senza salutare nessuno.
Nonostante il suo fisico robusto e mascolino, Belle era una donna molto sensuale che detestava la solitudine; ebbe così diversi amanti scelti tra gli uomini che lavoravano per lei, tra cui Ray Lamphere, l'ultimo. Altri pretendenti bussarono alla porta di Belle suscitando la gelosia dell'amante. Belle infatti aveva messo un annuncio su un giornale per emigranti norvegesi: "Donna attraente proprietaria di bella fattoria in ottime condizioni cerca uomo affidabile benestante scopo matrimonio".
In molti risposero all'annuncio di Belle e ricevettero una lettera di risposta nella quale Belle chiedeva di depositare una somma di denaro a proprio nome per conquistare così la sua fiducia. Gli uomini venivano convinti proprio dalla sua richiesta stravagante in quanto veniva letto come sintomo di grande senso pratico ed onestà. A La Porte iniziarono così a susseguirsi gli spasimanti norvegesi.
John Moo giunse da Elbow Lake, portando con sé mille dollari da offrire a Belle in cambio del contratto di matrimonio. Egli scomparve dalla fattoria una settimana dopo l'arrivo. In seguito si recò nella tenuta di Belle George Anderson, il quale però non aveva portato con sé il denaro richiesto; voleva infatti prima assicurarsi che la futura moglie gli piacesse. Si trovò davanti una donna di quarantotto anni vestita come un uomo e che si esprimeva in un linguaggio rude e volgare. Sarebbe ripartito subito ma Belle dispiegò tutte le armi di seduzione in suo possesso e trascorsero la notte insieme.
Durante la notte si svegliò di soprassalto e vide Belle accanto a lui che lo fissava con un'espressione sinistra: fuggì via ed ebbe così salva la vita. Ray Lamphere mal sopportava il susseguirsi di amanti e le faceva terribili scenate finché Belle lo licenziò; ma l'uomo rimase sempre nei dintorni a spiarla: Belle lo denunciò. Infine, all'annuncio rispose Andrew Helgelien, proprietario di una fattoria ad Aberdeen, nel South Dakota; la coppia si scambiò numerose lettere prima di incontrarsi e l'uomo arrivò a La Porte nel gennaio del 1908 con tutti i suoi risparmi.
Qualche giorno dopo si recò presso la banca di La Porte con Belle a versare un assegno e subito dopo scomparve. Intanto il fratello di Helgelien, Asle, cominciò a preoccuparsi per l'assenza di Andrew. Belle di solito sceglieva tra i suoi uomini quelli che non avevano famiglia al fine di evitare ricerche, ma quella volta commise un errore. Asle le scrisse chiedendo notizie del fratello e Belle rispose che era stato da lei qualche tempo prima ma lei stessa aveva perso le sue tracce.
Asle, non convinto da questa risposta, andò a La Porte e si recò dallo sceriffo denunciando la scomparsa del fratello ed esponendo i propri sospetti su Belle Gunness, ma proprio quella notte la fattoria di Belle venne distrutta da un incendio. La polizia pensò che i cadaveri che vennero rinvenuti fossero di Belle e dei suoi figli, ed arrestò Ray Lamphere, denunciato tempo prima dalla Gunness. Tutti quelli che conoscevano Belle ne piansero la morte, non sospettando che di lì a poco il loro dolore si sarebbe tramutato in orrore.
Infatti Asle Helgelien aveva continuato le sue indagini alla ricerca del fratello ed aveva interrogato un ex dipendente della donna, Joe Maxson. Emerse che Maxson, sotto l'ordine di Belle, avesse livellato il terreno all'interno del porcile con grosse quantità di immondizia. Asle convinse lo sceriffo a controllare e dal primo scavo emerse il corpo mutilato di Andrew Helgelien; successivamente vennero dissotterrati i cadaveri di vari pretendenti di Belle, alcuni lavoratori di cui era stata amante nonché la figlia adottiva Jenny partita nel 1906 per un fantomatico collegio. Altri corpi tra cui quelli di una donna e di due bambini non furono mai identificati. Il numero delle vittime di Belle non fui mai accertato con precisione ma è stimato intorno a quaranta persone, se non più, probabilmente fino a oltre 60.


Ray Lamphere venne riconosciuto colpevole per l'incendio doloso della fattoria, ma scagionato dall'accusa di omicidio venne condannato a vent'anni di carcere. Morì però l'anno successivo di tubercolosi: prima di esalare l'ultimo respiro fece una confessione completa al reverendo Schell, raccontando di non aver mai partecipato attivamente agli omicidi ma di aver aiutato Belle Gunnes a seppellire i cadaveri già smembrati. Raccontò inoltre la procedura degli omicidi.
Belle attirava le sue vittime nella sua fattoria, serviva loro regali pasti, li deliziava a letto e in seguito li avvelenava con la stricnina o li uccideva durante il sonno con un'ascia; portava il corpo dello sventurato amante di turno nella cucina, dove sezionava il corpo, distribuendo poi i pezzi in vari sacchi di tela i quali venivano seppelliti nel porcile.
Inoltre fornì la spiegazione dell'incendio. Disse che anche quello faceva parte del piano della donna: aveva ucciso con la stricnina una donna che si era recata presso la fattoria in cerca di lavoro, le aveva messo indosso i suoi abiti, le aveva tagliato la testa e lasciato vicino i suoi denti finti. Aveva ucciso i figli con la stricnina e messi a letto, dopodiché con Lamphere aveva dato fuoco alla casa. Successivamente Lamphere l'aveva accompagnata alla stazione ferroviaria, dalla quale Belle partì promettendo all'amante di dargli sue notizie, ma da allora non l'aveva più vista né sentita. Lo sceriffo non credette mai alle parole di Ray.


I misteri che circondano quest'enigmatica serial killer sono parecchi; al momento del ritrovamento del cadavere di Belle molti dubitarono che il cadavere decapitato fosse della donna; le misure non corrispondevano: la donna morta era molto più piccola della signora Gunness e anche ammesso che la carne bruciata si restringa, la differenza era considerevole. Inoltre il medico incaricato di analizzare gli organi interni rivelò la presenza di tracce di stricnina. Venne inoltre interpellato un dentista il quale identificò i denti finti come appartenenti a Belle, ma poteva comunque averli messi lì apposta.
Si sospettò che Belle Gunness non fosse una donna bensì un uomo, sospetto che risaliva dalla nascita del figlio Philip. Le vicine raccontarono che Belle aveva evitato di mostrarsi durante il parto, nonostante le donne si fossero offerte di aiutarla. Quando la levatrice era giunta nella fattoria la trovò già in piedi con un bambino perfettamente pulito ed addormentato, il quale appariva più grande di un neonato. Pensarono che il bambino non fosse suo e che Belle fosse un uomo; tesi sostenuta anche dagli uomini del paese, i quali l'avevano vista compiere mansioni particolarmente difficili come caricarsi sulle spalle pesanti tronchi di legna senza dimostrare fatica. La donna faceva inoltre tutti i lavori pesanti nella fattoria.
Belle Gunness inoltre fu avvistata parecchie volte successivamente alla sua presunta morte. Nel 1909 un cittadino di La Porte giurò di averla vista in casa dell'amica del cuore di Belle, Almetta Hay. Dopo la morte di Almetta nella sua abitazione venne rinvenuto il teschio di una donna avvolto in un materasso. Si potrebbe dedurre che si trattasse dei resti del cranio appartenuto alla donna uccisa nell'incendio, ma non furono mai fatte indagini a tal proposito.
Nel 1931 le viene attribuito l'avvelenamento di un ottantunenne depredato dai suoi risparmi. Ancora nel 1935 un gruppo di lettori di una rivista gialla affermano di averla riconosciuta in alcune foto scattate in Ohio.
Belle Gunness è ritenuta responsabile dell'omicidio di sedici persone riconosciute, e sospettata per altre dodici. Ancora oggi nulla si sa della sua sorte dopo l'incendio del 1908.

lunedì 14 novembre 2011

Cella d'isolamento #1: Waltraud Wagner


Waltraud Wagner è una giovane aiuto infermiera di 23 anni quando, nel 1983, uccide per la prima volta al Lainz Hospital di Vienna. La sua carriera criminale ha inizio con un'anziana paziente di 77 anni, che la implora di mettere fine alle sue sofferenze: una dose generosa di morfina esaudisce i suoi desideri. E' a questo punto che la Wagner sperimentala gratificazione di assurgere a dea della morte, in grado di disporre dell'altro a suo piacimento.
Coinvolge nel corso di alcuni mesi tre complici: Maria Gruber, una ragazza madre di quattro anni più giovane, Irene Leifold, di 21 anni, e Stephanija Mayer, divorziata, emigrata dalla Iugoslavia, che ha 20 anni più di lei. La leadership resta comunque alla Wagner, che addestra le nuove compagne e sceglie le potenziali vittime. Se i primi omicidi seguivano lo stesso modus operandi - morfina in quantità eccessiva - col passare del tempo le quattro infermiere passarono ad utilizzare modi molto più cruenti.
Mentre una teneva la testa della vittima e le tappava il naso, un’altra le versava dell’acqua in bocca, facendola così affogare.
Col passare del tempo si registra un'accelerazione nei delitti, così la Mayer abbandona il gruppo, e Waltraud Wagner consolida il suo ruolo. A partire dal 1987 i decessi diventano sempre più frequenti, e il reparto in cui operano le assassine viene soprannominato il "padiglione della morte" . Nessuno, però, sospetta che quei decessi siano provocati da qualcuno.
Sempre più spavalde, le donne abbandonano la necessaria prudenza: nel febbraio 1989, durante una pausa nel bar dell'ospedale, chiaccherano tra loro delle imprese omicide, vantandosene reciprocamente. Ma un medico che siede accanto a loro casualmente ne coglie i discorsi e corre subito alla polizia. Sei settimane di indagini portano, il 7 aprile all'arresto delle donne.
Nonostante tenti di ritrattare il processo, attribuendosi non più di dieci omicidi volti solamente ad alleviare le sofferenze dei poveri malati, Waltraud viene riconosciuta pienamente colpevole e condannata al carcere a vita. Il presidente della giuria, il cancelliere Franz Vranitzky, definisce gli omicidi del Lainz Hospital "il crimine più brutale e raccapricciante dell'intera storia dell'Austria.
Confessando in carcere quarantanove omicidi, trentanove dei quali compiuti da sola, Waltraud dice: "Quelli che mi stavano sui nervi venivano spediti direttamente in un letto libero del buon dio. Naturalmente i pazienti resistevano, ma noi eravamo più forti: potevamo decidere se quei vecchi matusalemme potevano vivere o morire. In ogni caso il loro biglietto per l'aldilà era scaduto."
Il processo si è concluso nel marzo del 1991, dopo mesi di dibattimento:
Waltraud Wagner è stata riconosciuta colpevole di quindici omicidi, 17 tentati omicidi e due aggressioni che le sono costate una condanna all’ergastolo. Stessa condanna per Irene Leidolf, riconosciuta colpevole di 5 omicidi.
Più lievi le condanne per gli altri due angeli della morte: quindici anni di carcere per Stephanija Mayer (colpevole di un omicidio e sette tentati omicidi) e Maria Gruber (due tentati omicidi).
Queste ultime due sono state rilasciate dopo pochi anni ed hanno iniziato una nuova vita con nuove identità. La libertà per la Wagner e la Leidolf, invece, è arrivata solo un paio di anni fa, nell’agosto 2008, proprio mentre l’Austria era concentrata sul caso del mostro di Amstetten Josef Fritzl.
Le due, condannate nel 1991, hanno lasciato il carcere dopo 17 anni. In Austria, infatti, la condanna a vita consiste nello scontare almeno 15 anni prima di poter avanzare richiesta per la libertà vigilata. Loro l’hanno fatto e, vista la buona condotta tenuta nel corso degli anni, sono tornate in libertà. Ovviamente con nuove identità e in località non rese note.

Human Hunting. Quarta Lezione.


Questa lezione tratterà il tema degli assassini seriali considerati "atipici", elencandoli e definendoli.

Human Hunting. Terza Lezione.


Da sempre la scienza e le unità investigative si sono chiesti se fosse possibile riconoscere precocemente un futuro serial killer in modo da poterne evitare i devastanti effetti. 
Già nell'Ottocento il celebre criminologo italiano, Cesare Lombroso, riteneva di aver identificato alcune caratteristiche fisiche del probabile "uomo delinquente". 

STANZA #002: Martin Bryant


E’ il 28 aprile 1996, domenica. Sono le 13.30 : la cittadina di Port Arthur è piena di turisti australiani e canadesi, attirati sia dalle rovine del vecchio carcere che dalla possibilità di fare surf; e un surfista sembra anche Martin Bryant, quando nel primo pomeriggio arriva in città con la tavola da surf sul tetto della sua vecchia Volkswagen ed i suoi abiti sportivi. 

Bryant entra nel “Broad Arrow Cafè”, una tavola calda piena di turisti che stanno pranzando, ordina uno spuntino e, senza rivolgersi a nessuno in particolare, commenta come sfortunatamente vi siano pochi turisti giapponesi nel locale. 
Poi si muove verso il fondo della tavola calda, ed estrae dalla sua borsa del tennis una videocamera, piazzandola su un tavolo libero. Rimane a fissare per alcuni minuti una coppia di origini asiatiche. Senza che nessuno riesca a comprendere ciò che sta per accadere, estrae un fucile semiautomatico AR15. 
Testimoni oculari hanno affermato che non si è messo a sparare a casaccio ma che, con estrema calma, ha preso la mira con attenzione per ogni singola vittima.
Uccide la coppia, poi, facendosi largo tra la folla, comincia a sparare metodicamente, rivolgendosi prima alla sua destra, quindi alla sua sinistra.


Trascorrono meno di 30 secondi prima che lasci il Broad Arrow Café: all’interno 20 persone giacciono senza vita, 20 sono ferite. Fuori spara alla folla e parecchi turisti vengono colpiti. 
Si reca nel piazzale d’ingresso dell’ex penitenziario: spara sull’autista di un bus turistico, sui passanti, sulla folla in coda alla biglietteria, su turisti che cercano di raggiungere un’auto per fuggire; infine prende in ostaggio un abitante del posto e lo costringe ad accompagnarlo in auto in una piccola località chiamata Copping. 
Bryant si è lasciato dietro a questo punto un enorme numero di morti e feriti ed un gran caos, tanto che la polizia (del tutto impreparata) fatica a ricostruire l’accaduto e l’ospedale di Hobart deve cercare medici nelle città vicine, non essendo pronto ad assistere nello stesso momento un così elevato numero di feriti. Vengono convocati anche degli psicologi, il cui compito è prestare le prime cure psicologiche ai sopravvissuti in stato di shock. 
Percorre poche centinaia di metri e incontra una giovane donna che passeggia con i suoi due figli. Colpisce a morte la madre e il figlio più piccolo. Il bimbo più grande cerca di fuggire, si nasconde dietro un albero. L’uomo lo segue, lo raggiunge, lo uccide. 
Ritorna alla sua auto e si allontana; percorre un breve tratto, verso una Bmw parcheggiata. Tre colpi raggiungono i tre occupanti dell’auto che muoiono all’istante. 
Bryant si è nel frattempo asserragliato in un villino (il “Seascape Cottage”), abitato da una coppia di sessantenni che tiene in ostaggio insieme alla persona dalla quale si è fatto accompagnare, minacciandoli con due fucili automatici, uno dei quali conservato fino a quel momento nella capiente borsa da tennis. Il cottage è circondato su un lato dal mare e sugli altri tre da un ampio prato piatto che gli offre ottima e completa visibilità, tanto da rendere estremamente difficile un’irruzione della polizia. 
Quando si cerca di intavolare una trattativa, Bryant inizia a sparare all’impazzata, rendendo fin da subito evidente di avere a disposizione molte munizioni. Ad un giornalista che è riuscito a trovare il numero di telefono del cottage e lo ha chiamato per proporgli un’intervista, Byant risponde che non ha tempo da perdere e che si sta “divertendo troppo”; manifesta poi l’intenzione di farsi una doccia e afferma di non voler essere disturbato . 
Malgrado la presenza di oltre 200 agenti speciali, la situazione resta in fase di stallo fino alle 8 e 30 del mattino successivo, quando la casa prende fuoco, appiccato dallo stesso Bryant, che in precedenza aveva richiesto un elicottero per la fuga, elicottero che gli era stato negato. Pochi minuti dopo aver appiccato l’incendio, il killer esce dal cottage con i pantaloni in fiamme e si arrende senza opporre resistenza, lasciandosi dietro tre corpi carbonizzati e portando così il bilancio finale della strage a 35 morti e 18 feriti.
Il 22 novembre 1996 la Corte Suprema condanna Martin Bryant a scontare 35 ergastoli, uno per ogni sua vittima. 


Martin Bryant, 28 anni, alto, di carnagione chiara, verrà descritto come un tipo strano, solitario, un po’ “ritardato”. Alcuni psichiatri faranno una diagnosi di schizofrenia, altri riscontreranno la presenza di una grave malattia mentale conosciuta come “sindrome di Aspergen”.


Per tutta la durata del processo, Bryant sorriderà mentre vengono descritti i suoi delitti,sino a ridere apertamente durante la visione di una registrazione amatoriale che testimonia il massacro. 
Verrà tuttavia giudicato capace di intendere e di volere e condannato al carcere a vita, senza possibilità di libertà sulla parola.


Bryant, il più famoso spree killer della storia, è oggi ospite della Hobart’s Risdon Prison.
In un’intervista rilasciata subito dopo il processo, la madre di Martin dichiarerà: “avrei preferito che mio figlio fosse morto insieme alle sue vittime”.


Nato e vissuto ad Hobart, capitale della Tasmania, Martin era descritto come un bravo studente, anche se una perizia eseguita dopo gli omicidi ha mostrato un quoziente intellettivo (Q.I.) di 68, quando il limite minimo del Q.I. è generalmente considerato 90; benché il criterio di valutazione del Q.I. e la sua stessa validità siano spesso messi in discussione, appare certo che Martin Bryant utilizzasse un linguaggio semplice ed estremamente povero, adatto più ad un bambino di 9 – 10 anni che ad un adulto di 29, e che mostrasse chiari segni di immaturità e difficoltà relazionali e di comportamento. Mentre infatti ad una conoscenza superficiale veniva descritto come un ragazzo fin troppo normale, magari un po’ introverso, chi lo conosceva meglio evidenziava comportamenti decisamente strani, come correre di notte nei parchi o nei giardini altrui armato di pistola.


Alcuni anni prima dei fatti di Port Arthur, Martin Bryant conosce una vedova sessantenne di nome Helen Harvey e si trasferisce a vivere a casa sua. Pur non svolgendo nessun tipo di attività lavorativa, Bryant ha sempre una notevole disponibilità di denaro, probabilmente dovuta proprio alla Harvey. 
Nel 1992 i due hanno un incidente automobilistico nel quale la donna, che era al volante, perde la vita, mentre Bryant riporta solo ferite di modesta entità alla testa; la dinamica dei fatti non è mai stata chiarita, anche se da più parti si è ipotizzato fin da allora che non si fosse trattato di un vero incidente ma di un omicidio accuratamente mascherato. A seguito della morte della Harvey, Martin Bryant eredita oltre mezzo milione di dollari e la villa dell’anziana vedova. Alcuni mesi dopo anche il padre di Bryant perde la vita, annegando in un pozzo nella sua fattoria. Questi due episodi, il primo chiuso come incidente ed il secondo come suicidio, erano forse le prime avvisaglie di una notevole pericolosità legata ad una forte pulsione omicida, maturata in una personalità chiusa, incapace di immedesimazione nelle sofferenze altrui, apatica, estremamente egocentrica (Bryant apprezzerà moltissimo, e senza nasconderlo, l’attenzione morbosa che i mass media gli dedicheranno dopo gli omicidi) e narcisitica, incapace di stabili e profondi legami affettivi.


Nel 1995 Bryant abbandona il suo precedente look (capelli tagliati a spazzola e abiti casual) per passare al “wanna – be surfer style”, molto diffuso tra i giovani australiani: pur sapendo a malapena nuotare, Bryant si fa allungare i capelli, gira in costume e abiti sportivi da surfista, porta addirittura in giro una tavola da surf sul tetto dell’automobile. Da sue dichiarazioni è emerso che in questo periodo coltiva fantasie di suicidio, ben presto abbandonate per fantasie omicidiarie decisamente fin troppo concrete.


Bryant ha dichiarato di aver scelto per i suoi omicidi la città di Port Arthur soprattutto per la sua storia: scoperta nel 1642 dall’olandese Abele Tasman, la Tasmania venne colonizzata all’inizio dell’Ottocento dagli inglesi, i quali sterminarono i circa 5.000 aborigeni dell’isola e realizzarono su una piccola penisola, dove si trova appunto Port Arthur, una delle colonie penali più rigorose, simile forse alla Cayenna francese, creata per ospitare fino a 3.000 detenuti e attiva dal 1830 al 1877. Solo i criminali più pericolosi, violenti e plurirecidivi, venivano inviati in quella colonia penale che si limitava ad isolarli dal mondo ma con metodi che servivano solo ad esasperarne le pulsioni violente e i più o meno latenti disturbi psichici: in un isolamento praticamente totale e costretti a lavorare in assoluto silenzio, i detenuti dovevano indossare delle maschere fuori delle celle e venivano impiegati nei lavori forzati nelle miniere o nella foresta. Anche se nel 1852 il regime penitenziario venne modificato, con l’abolizione delle frustate e degli strumenti di tortura usati fino ad allora, è rimasto famoso l’isolamento assoluto del carcere, assicurato dai carcerieri con feroci cani da guardia e squali attirati nelle acque intorno alla colonia spargendo nel mare sangue e viscere animali.

STANZA #001: Friedrich Leibacher


Sala del Consiglio di Zug, Svizzera: sono le 10.35 del 27 settembre 2001.
Friedrich Leibacher, 57 anni, elude ogni forma di sorveglianza e fa irruzione sparando all’impazzata. 

A cadere sotto i suoi colpi sono giornalisti, parlamentari, il pubblico presente alla seduta. Nessun piano preordinato, solamente una cieca furia distruttiva. Al termine del massacro rivolge la pistola contro di sé: un colpo alla tempia pone fine alla sua vita e apre, nel contempo, tragici interrogativi. Era possibile prevedere, comprendere lo sconvolgimento di una mente malata? Perché di questo certamente si tratta. 
Leibacher qualche tempo addietro era venuto alle mani con un conducente di autobus; apparentemente un banale litigio, ma ciò aveva aperto in lui una profonda ferita psicologica, lo aveva indotto ad avviare una serie impressionante di rivendicazioni, di esposti, di ricorsi presentati alla corte suprema di Zurigo. Lo scontro con l’autista era divenuto per lui la metafora dell’ingiustizia, una quotidiana ossessione: ogni richiesta respinta o, peggio ancora, banalizzata e ignorata era divenuta alimento per la sua fame di vendetta. 
Tra i banchi della Sala del Consiglio si contano 14 morti e 16 feriti. 
La fotografia di una strage.

domenica 13 novembre 2011

Human Hunting. Seconda Lezione.



Dopo aver chiarito il concetto di "cooling-off period", veniamo oggi a definire e distinguere l'omicida seriale dalle altre tipologie di assassini di massa.

sabato 12 novembre 2011

Human Hunting. Prima Lezione.


COS'E' UN SERIAL KILLER ?
I serial killer sono un fenomeno erroneamente considerato recente, anche se nell'era moderna (dal 1900 in poi) il numero dei casi è sicuramente aumentato in maniera esponenziale. Ad essere recente, molto recente, è soltanto il termine.