mercoledì 28 dicembre 2011

CELLA D'ISOLAMENTO #6: RICHARD TRENTON CHASE

"...tutto quello che ho fatto è stato uccidere un paio di cani..."

Richard Trenton Chase è un serial killer molto diverso da quelli canonicamente riconosciuti: è disorganizzato e disattento, lascia tracce ed indizi, non si procura alibi. 
Anche la motivazione che spinge l'assassino a colpire è curiosa: Richard Trenton Chase, il Vampiro di Sacramento, ha un chiodo fisso per il sangue, ma soprattutto gli serve per sopravvivere, perché il Vampiro, come la tradizione orrorifica impone, teme di finire disintegrato se rimane troppo a lungo senza nutrirsi di sangue fresco, il suo stomaco finirà per sciogliersi e il suo cuore per rimpicciolire fino a sgretolarsi. 


Richard nasce a Sacramento, in California, nella contea di Santa Clara, il 23 maggio del 1950. È stato un serial killer, un necrofago, un vampiro e un necrofilo, affetto da schizofrenia paranoide e psicosi di varia natura. Possiamo asserire tutto questo dal fatto che ha ucciso 6 vittime, in un lasso di tempo che va dal dicembre 1977 a gennaio 1978 (si è quindi verificato il “cooling-off period”). 
Ha ingerito parti dei cadaveri (verificato attraverso ritrovamenti in casa del killer e per sua stessa ammissione). Si è nutrito del loro sangue e ha avuto rapporti di natura sessuale con i cadaveri di entrambe le sue vittime di sesso femminile. Ad appurare la fondatezza dell’anamnesi psichiatrica, le diagnosi inserite nelle cartelle cliniche relative agli anni dei ricoveri in ospedali psichiatrici (1974 e 1975). Il modus operandi prevede la morte della vittima per arma da fuoco (usava un fucile automatico a lunga gittata, con bossoli calibro .22), con seguente overkilling attraverso smembramento con coltelli, squartamento, evisceramento, necrofagia e necrofilia. Nel solo caso del primo omicidio uccide sul vialetto esterno dell’abitazione della vittima, negli altri casi, invece, c’è violazione di domicilio. Gli atti di overkilling, cannibalismo, vampirismo e necrofilia sono “riservati” solo alle due vittime di sesso femminile e (con eccezione della necrofilia) al bambino di 22 mesi. Volendo inserirlo in una categoria possiamo annoverarlo tra i serial killer allucinati o visionari definiti da De Burger & Holmes mentre, rifacendoci alle classificazioni dell'FBI, ci troviamo di fronte all'emblema dei serial killer disorganizzati.


Richard nasce e cresce in una famiglia tradizionalista e all'antica, dalla disciplina ferrea amministrata con violenza domestica ed estrema severità. I suoi genitori sono convinti che la disciplina si imponga con botte e divieti severi, inoltre litigano spesso tra di loro. La sorella invece, di quattro anni più giovane di lui, lo ignora. Già a dieci anni, presumibilmente a seguito degli abusi subiti, ha completato la “triade di MacDonald”. 
La sua è un’adolescenza critica, costellata da abuso di alcool e droghe. È inoltre affetto da una grave forma di disfunzione erettile. Ha molte ragazze, ma non riesce ad avere rapporti con nessuna di loro a causa del suo problema. Quello dell'impotenza è un problema che infastidisce molto il giovane Chase, tanto che, appena compiuti i 18 anni, consulta uno psichiatra, sicuro che il suo sia un problema mentale piuttosto che fisico. Effettivamente lo psichiatra gli dà ragione, imputando l'impotenza del giovane paziente alla rabbia repressa. Sui suoi appunti, il medico annota anche che Chase potrebbe soffrire di una grave malattia mentale, ma queste cose se le terrà per se, senza renderne partecipe il proprio paziente. Un paio di anni dopo,  convinto che sua madre stia cercando di avvelenarlo, Chase lascia la casa dei genitori e va a vivere in un appartamento in condivisione con altri ragazzi, ma non sarà un’esperienza positiva: Chase non presta nessuna attenzione agli altri inquilini. Va in giro nudo, assume  ingenti quantità di droga, marijuana, acidi e alcool. È inoltre ossessionato dal fatto che gli altri abitanti della casa possano sbirciare nel suo armadio, per questo motivo inchioda le ante del mobile. Gli altri sopportano mal volentieri queste bizzarrie, e cercano di persuaderlo a lasciare l’appartamento. Quando capiscono che Richard non ha alcuna intenzione di andarsene, saranno loro a fare i bagagli.  E quindi Richard si ritrova da solo con l’appartamento tutto per sé.  
In una crisi Chase si presenta al pronto soccorso urlando che qualcuno ha rubato la sua arteria polmonare. Bloccato a terra da alcuni medici, l'uomo si lamenta che anche le sue ossa stanno uscendo dalla nuca e dalla schiena, che il suo stomaco si sta sciogliendo e che il cuore si sta rimpicciolendo e prosciugando. Gli viene diagnosticata una forma di schizofrenia paranoide e viene messo sotto osservazione per 72 ore,  dopo di che Chase si calma e viene rilasciato dall'Ospedale con l’etichetta “situazione stabilizzata”. I genitori, in fase di divorzio, lo riaccolgono a casa con loro, ma ben presto Chase convinto ancora di rischiare di essere avvelenato, si mette alla ricerca di un appartamento in cui vivere da solo. Dopo questo episodio, Richard si lascia andare e comincia a deperire, fino a scendere a 65kg di peso. Diventa ipocondriaco e aumenta l'abuso di medicinali. 
Nella nuova casa Chase si da allo zoosadismo: da la caccia a tutti i cani e i gatti del vicinato. Comincia ad acquistare e a rubare conigli. Tantissimi conigli. Li porta a casa, li uccide e li sbudella, quindi beve il loro sangue e mangia le loro viscere crude. Dopo qualche tempo, impara a buttare direttamente gli intestini e il sangue nel frullatore, insieme a della coca cola, bevendosi il risultato. Quel liquame non ha per niente un buon sapore, ma Richard è costretto a farlo, sente che il suo cuore si sta rimpicciolendo sempre più e presto potrebbe scomparire per sempre. La follia "coniglicida" culmina quando Chase decide di iniettarsi nelle vene il sangue di uno dei conigli che ha ucciso. Verrà ricoverato per un grave avvelenamento del sangue, ma rimarrà della convinzione che è tutta colpa del coniglio. Probabilmente l'animale, prima di morire, ha ingerito dell'acido di batteria e adesso questo acido è nello stomaco dello sventurato Richard. I medici lo trattengono all'Ospedale poiché sono convinti che Chase soffra di schizofrenia indotta da abusi di medicine. Perciò, gli somministrano un medicinale anti-psicotico sperimentale ma, nel 1976, Richard Trenton Chase riesce a fuggire dall'Ospedale. Sarà una latitanza di breve durata poiché, tornato dalla madre, questa lo tradisce e lo riconduce all'Ospedale Psichiatrico di Beverly Manor, dove gli altri pazienti utilizzeranno per Chase il nomignolo di "Dracula". Durante il suo soggiorno nella clinica, i dottori colgono spesso l'uomo sul fatto mentre, con la bocca insanguinata, uccide topolini e ne beve il sangue. Vengono rinvenuti inoltre molti uccelli morti con il collo spezzato, poggiati sul suo balcone. Per i medici si tratta della classica "Sindrome di Renfield*".
(*Renfield nel romanzo di Bram Stoker è il servo mentalmente assoggettato a Dracula che, chiuso in manicomio, si nutre di insetti e piccoli animali.)
Dopo pochissimi mesi, Chase viene rilasciato in quanto non è più ritenuto pericoloso per gli altri esseri umani. I genitori lo prendono in affidamento, pagandogli l'affitto dell'appartamento in cui vive e facendogli la spesa. Richard gode però di molta libertà e ben presto cambia appartamento. Qui ricomincia a torturare e uccidere cani, gatti e conigli. Rapisce soprattutto i cani del vicinato, divertendosi a chiamare la famiglia disperata per raccontare loro come ha ucciso la bestiola, per poi berne il sangue. Acquista anche delle pistole e comincia ad esercitarsi. Nonostante sia sotto medicazione psichiatrica nessuno supervisiona Chase. Nel 1976, sua madre smette di passargli i farmaci, convinta che non gli servano, mentre l'anno dopo i genitori non rinnovano l'affidamento, lasciando Richard Trenton Chase in pace e libero di agire come gli pare... 
Il 3 Agosto del 1977, degli agenti di polizia rinvengono il Ford Ranchero di Chase conficcato nella sabbia vicino al Pyramid Lake nel Nevada. Sui sedili sono poggiati due fucili e una pila di vestiti maschili. L'interno del veicolo è imbrattato di sangue e in un secchio c'è un fegato. Dopo pochi minuti di ricerca, tramite i loro binocoli, gli agenti rintracciano anche Chase, nudo e ricoperto di sangue. Se ne sta seduto sulla spiaggia, a fissare il lago. Richard Trenton Chase viene fermato per dei controlli. Per difendersi, l'uomo asserisce che il fegato è di una mucca, mentre il sangue è suo: gli è colato fuori dai pori della pelle, all'improvviso, perché è malato, lo hanno avvelenato. Viene rilasciato dopo un breve periodo di fermo, ma ormai le stranezze e le perversioni del Vampiro di Sacramento stanno per esplodere in follia omicida. Richard è diventato fan dei serial killer, colleziona libri che trattano l'argomento e ritaglia gli articoli che parlano di omicidi sanguinosi. Il suo preferito è lo Strangolatore di Hillside, che ha agito qualche anno prima da quelle parti.
Chase è armato, ha paura delle altre persone e ha strane fantasie sul sangue. Una combinazione che risulterà ben presto letale per 6 persone di East Sacramento.
GLI OMICIDI


27 Dicembre 1977. Ambrose Griffin, ingegnere 51enne e padre di due bambini, è appena tornato dal supermercato con la moglie e, insieme, stanno portando in casa le numerose borse di plastica. La donna volge le spalle al marito che, improvvisamente, cade a terra urlando. La signora Griffin, inizialmente pensa ad un attacco cardiaco poiché, distratta da altri pensieri, non ha notato i due colpi di arma da fuoco che hanno preceduto le urla del marito.
Su denuncia di numerose persone, la polizia arresta un uomo che si aggira per il quartiere di East Sacramento impugnando un fucile, ma non è quello giusto. I colpi che hanno raggiunto Ambrose Griffin erano di una calibro 22.
Nemmeno i bossoli, rinvenuti da una troupe televisiva il giorno dopo, si rivelano utili alle indagini.
Il pomeriggio del 30 Dicembre, uno dei figli di Griffin racconta di aver visto un uomo dai capelli castani che sparava a suo padre da una Pontiac marrone. Gli investigatori mettono sotto ipnosi il ragazzo ed estraggono dai suoi ricordi un numero di targa, 219EEP, ma non porterà mai a niente.
Una vicina di casa dei Griffin denuncia che il 27 dicembre qualcuno ha sparato dei colpi di pistola nella sua cucina, e in effetti tra i mobili viene ritrovata della polvere da sparo, ma le indagini si fermano lì, ad un punto morto.
Il 23 Gennaio, al 2909 di Burnece Street, Jeanne Layton nota un giovane dai capelli lunghi che cerca di intrufolarsi in casa sua. Il ragazzo esamina prima la porta poi, trovandola chiusa, passa ad esaminare le finestre, quindi nuovamente la porta d'ingresso.
Infastidita, la donna decide di sfidare l'uomo faccia a faccia e apre la porta. La reazione dell'uomo è disarmante: senza denotare nessuna emozione né sorpresa per essere stato colto sul fatto, si volta dando le spalle a Jeanne, si accende una sigaretta e scompare nel buio del cortile posteriore.
Quello stesso giorno, in fondo alla strada, Robert e Barbara Edwards stanno portando in casa i generi alimentari appena acquistati, quando sentono uno strano rumore provenire dall'interno.
Evidentemente chiunque si trovasse all'interno dell'edificio in loro assenza, avendoli sentiti rientrare, si è messo a correre. Un ragazzo malconcio esce dal retro della loro casa e si allontana come se nulla fosse, passando vicino alla coppia. Robert Edwards prova a fermarlo ma Chase riesce a sfuggirgli.
Quando la polizia arriva per il sopralluogo trova la casa nel totale disordine. L'intruso non si è limitato a mettere a soqquadro la casa per rubare pochi spiccioli, bensì si è messo anche a orinare in alcuni cassetti e ha defecato sul letto.
E così continua la nottata dell'intruso - Chase, che si aggira tra le case e i portici del quartiere, fino a quando non giunge al 2360 di Tioga Way. La porta dei Wellin è aperta, Teresa, 22 anni, incinta di 3 mesi, sta per portare fuori la spazzatura.
Chase deposita una pallottola nella cassetta della posta ed entra in casa. Attraversa un corridoio, si dirige in cucina e qui si trova faccia a faccia con Teresa, proprio mentre la donna sta sollevando il sacco dell'immondizia. Il primo colpo le attraversa il palmo della mano, proteso istintivamente per proteggersi, e il braccio. La pallottola esce attraverso il gomito e graffia il collo di Teresa. Il secondo colpo le ferisce di struscio il cranio. Il terzo colpo, alla tempia, causa la morte.
Chase trascina il corpo in camera da letto, lasciando una scia di sangue lungo tutto il percorso, degna del peggiore dei film horror. Prima però si è armato di un coltello da cucina e ha recuperato un barattolo di yogurt dal sacco dell'immondizia.
Quando David Wallin torna a casa trova la casa immersa nel buio. Il cane lo aspetta fedelmente sulla porta, ma della moglie nessuna traccia. Stranamente, lo stereo è acceso, il pavimento è pieno di macchie scure che a David sembrano di petrolio, mentre l'immondizia e sparsa per tutta la cucina.
Preoccupato, l'uomo decide di seguire le macchie fino ad arrivare in camera, dove libera finalmente un urlo liberatorio.
Sua moglie è appoggiata alla porta, con la maglia tirata fin sopra al seno e i pantaloni abbassati alle caviglie. Le gambe sono allargate. Tutto farebbe pensare a un assalto a scopo sessuale, se non fosse che il suo petto è aperto sullo sterno e che le sue interiora sono state rimosse.
Il Vampiro di Sacramento l'ha pugnalata ripetutamente in un polmone, al fegato e al diaframma, lasciando intatto il seno. I reni sono stati estratti e in seguito, forse per un ripensamento, sono stati re-inseriti all'interno della donna. La bocca è piena di feci.
David Wallin non può saperlo osservando il cadavere, ma Chase non si è limitato a fare il macellaio. Dopo aver sgozzato la donna si è ricoperto le mani di sangue e si è leccato le dita, proprio come fosse cioccolata.
Vicino al corpo della donna c'è il barattolo di yogurt, macchiato di sangue, forse usato come il bicchierino da degustazione di un macabro somelier.
Sul pavimento sono impressi degli anelli di sangue, come se un secchio fosse stato posato ripetutamente su di esso.
Due giorni più tardi, due cuccioli del pastore tedesco dei Wallin vengono rinvenuti morti e mutilati vicino alla casa. Li aveva comprati uno strano uomo dai capelli fibrosi, a bordo di una Ford Ranchero.
Il 27 Gennaio, a un miglio di distanza dalla residenza dei coniugi Wallin, Evelyn Miroth, 38 anni, sta facendo da babysitter al suo nipotino di 20 mesi. A farle compagnia c'è Dan Meredith, 51enne, suo vecchio amico di famiglia.
Evelyn ha promesso di mandare suo figlio Jason, di 6 anni, in visita a casa dei Meredith, ma nessuno lo vede arrivare. Preoccupata, la figlia di Dan si presenta alla casa per controllare come mai Jason non sia partito, ma nessuno le apre la porta, mentre da una finestra la ragazza scorge invece una persona aggirarsi per l'appartamento.
Ben presto si forma un capannello di vicini inquieti. Uno di questi decide di entrare nella casa per scoprire cosa sia accaduto ad Evelyn, Dan e ai bambini.
Nell'atrio, Dan Meredith giace in un lago di sangue, ucciso da un colpo di pistola alla testa. Anche il bagno è pieno di sangue e nella vasca l'acqua è tutta insanguinata.
Nella camera da letto, sul letto, Evelyn giace nuda a gambe aperte, con la testa spappolata da un proiettile e con l'addome aperto. Gli intestini sono assenti, mentre vicino al corpo sono ben in mostra due coltelli da intaglio, insanguinati. Forse si stava facendo il bagno quando l'assassino l'ha sorpresa e l'ha trascinata nel letto.
L'aggressore l'ha sodomizzata e le ha pugnalato l'utero e l'ano almeno sei volte. Il collo è stato fatto a fette e l'occhio ha subito un tentativo di essere cavato via. Sul pavimento, degli anellini insanguinati indicano che ancora una volta è stato usato un secchio, o un contenitore simile, per raccogliere gli organi e il sangue.
Sull'altro lato del letto giace Jason, ucciso con due colpi di pistola in testa, sparati da distanza molto ravvicinata.
Così come sulla scena del delitto Wallin, anche in questo caso l'assassino ha lasciato molte tracce insanguinate di scarpe e diverse impronte.
Una ragazzina di 11 anni descrive sommariamente il giovane uomo che ha visto aggirarsi da quelle parti, all'ora dell'omicidio.
La Station Wagon rossa di Dan Meredith è invece sparita. Verrà rinvenuta un paio di giorni dopo, con le chiavi ancora inserite nel quadro, piena di impronte digitali, in un parcheggio, a 90 metri dalla casa di Richard Trenton Chase.
Impossibile ritrovare invece il corpo del figlio di Karen Ferriera, il neonato al quale Evelyn faceva da babysitter.
Le speranze della madre di ritrovare suo figlio ancora in vita verranno ben presto smorzate dalle prime analisi della scientifica. Nella culla c'è infatti un foro di proiettile e il cuscino è abbondantemente insanguinato.
Esaminati i resti all'interno della vasca, gli investigatori concludono che, dopo aver bevuto il sangue di Evelyn, l'assassino ha cominciato a mutilare il corpo del neonato, spargendone il cervello e le budella nella vasca da bagno. Spaventato dal bussare alla porta della figlia di Dan Meredith, l'assassino probabilmente è scappato, portando con se il corpicino mutilato.
A questo punto, il Vampiro di Sacramento ha compiuto tutti e sei gli omicidi per cui è diventato famoso ed è ancora impunito, graziato dalle indagini sommarie della polizia locale.
Fino a quando non entrano in scena i due agenti dell'FBI, Robert Ressler e Russ Vorpagel, due veri e propri esperti nella caccia ai serial killer.
I due agenti stendono velocemente un profilo dell'uomo che stanno cercando:
“Maschio, bianco, tra i 20 e i 30 anni, magro e denutrito. Disoccupato o incatenato in un lavoro di fatica. Forse mantenuto da un assegno statale per qualche handicap fisico o mentale. Un tipo solitario con una storia passata di abusi di medicine o di malattie mentali. Sicuramente è uno psicopatico paranoico.
Sempre secondo i due agenti, il "loro uomo" è un chiaro esempio di serial killer disorganizzato. Niente fa pensare che abbia pianificato i suoi crimini, né ha fatto alcuna fatica per far scomparire gli indizi e le tracce lasciate, come per esempio le impronte digitali.
Presumibilmente l'uomo si è aggirato nel quartiere in pieno giorno, con indosso ancora i vestiti utilizzati durante gli omicidi, magari macchiati del sangue delle sue vittime. Non pensa alle conseguenze di ciò che fa e dovrebbe vivere in un appartamento sciatto, ridotto nel disordine più totale, molto simile alle condizioni in cui lascia le case dopo aver compiuto gli omicidi.
Avendo colpito in luoghi molto vicini tra loro, probabilmente non possiede una macchina oppure la usa molto di rado. Sicuramente vive nello stesso quartiere in cui ha colpito. Molto probabilmente non terminerà mai la sua carriera omicida fino al momento dell'arresto.”
Bisogna agire d'urgenza.
Nonostante i numerosi interrogatori nel vicinato, nessuno riesce a dare una descrizione che sia d'aiuto alle investigazioni.
Nancy Holden ricorda di uno strano incontro avvenuto al supermercato, il giorno dell'omicidio di Teresa Wallin. Un uomo malconcio, sporco e in evidente stato confusionale l'ha avvicinata e le ha chiesto a bruciapelo: "Eri sulla motocicletta quando Kurt è stato ucciso?"
La domanda terrorizza Nancy, poiché Kurt era il suo ragazzo, ucciso da uno sconosciuto dieci anni prima mentre era a bordo di una motocicletta.
Raccolto a due mani tutto il coraggio possibile, Nancy ha chiesto allo strano individuo chi fosse e questi le ha risposto: "Rick Chase".
I due sono stati compagni di classe al Liceo, perciò l'uomo ha cercato di convincere Nancy a dargli un passaggio, ma la donna è riuscita a fuggirgli chiudendosi in macchina.
Poiché le descrizioni fornite dai vicini e quella fornita da Nancy coincidono, gli investigatori cominciano a indagare su Rick Chase.
In questo modo vengono a galla la storia del ricovero per malattia mentale e quella dell'arresto in Nevada. Il fatto che Chase abbia registrato nel 1977 una calibro 22 semi-automatica e che il 10 gennaio abbia acquistato delle munizioni è l'ultima prova necessaria per ottenere un mandato.
I Detective si preparano a fare irruzione nell'appartamento di Richard Trenton Chase.


Il giorno dell'arresto, gli agenti bussano ripetutamente alla porta di casa Chase, ma senza ottenere risposta. Fingono così di andarsene e rimangono in attesa. Pochissimi minuti dopo Chase esce dalla casa, porta con sé una scatola. Nonostante la sua strenua resistenza, l'arresto viene condotto a termine.
Addosso a Chase vengono trovati una pistola calibro 22 insanguinata, un giubbotto insanguinato e il portafoglio di Dan Meredith. Nella scatola che l'uomo portava sotto il braccio ci sono invece pezzi di carta macchiati di sangue e degli stracci sporchi.
Nonostante le evidenze, incalzato per molte ore alla stazione di polizia, Chase confessa gli omicidi di tutti i cani del vicinato, ma nega di aver mai fatto del male a un essere umano.
Nel frattempo viene ispezionata la sua abitazione, nella speranza di ritrovare qualcosa del neonato disperso.
Penetrati nell'edificio, i detective rimangono disgustati da un odore putrido di decomposizione. Tutto è macchiato di sangue, incluso il cibo e i bicchieri.
Nella cucina vengono trovati molti pezzi di ossa e nel frigorifero ci sono dei piatti con delle parti di corpo. Un contenitore è pieno di cervello, il frullatore puzza di decomposizione ed è ormai violaceo. Sulla tavola giacciono le fotografie di organi umani, ritagliate da un libro di scienze e alcuni collari per cani. Sui giornali ogni annuncio di vendita di cani è cerchiato in rosso mentre sul calendario, sulle date degli omicidi, è stata scritta la parola "Today" (Trad. "Oggi"). La stessa parola è stata scritta su altre 44 date ancora da venire.
EPILOGO
Mentre delle squadre speciali di cani poliziotto cominciano a setacciare la sua casa alla ricerca di qualcosa che appartenga al bambino scomparso, Chase ottiene un avvocato difensore d'ufficio, Farris Salamy.
In cella, il Vampiro confessa al suo compagno che ha bevuto il sangue delle proprie vittime poiché soffre di un avvelenamento al sangue. Ha bisogno di sangue sempre fresco ed era stufo di dare la caccia agli animali.
Il 24 Marzo, in una scatola, il custode di una chiesa ritrova finalmente i resti del bimbo scomparso. Decapitato, con il torace aperto e mummificato parzialmente. Il buco al centro della testa indica che è morto per un colpo di pistola. Le costole sono tutte rotte e nella schiena ha conficcato il portachiavi della macchina di Dan Meredith.
L'accusa nomina come avvocato Ronald W. Tochterman, un legale noto per la sua severità. Ovviamente la richiesta dell'accusa è la pena di morte. Per evitare che la difesa riesca ad ottenere l'incapacità di intendere e di volere o l'alienazione mentale, Tochterman approfondirà le sue conoscenze sulle leggende di Dracula e imbastirà in tribunale un lunghissimo discorso sulle credenze e sulla mitologia dei vampiri, parlando a lungo delle popolazioni che nella storia hanno fatto uso di sangue credendo che li rinforzasse.
Mentre gli avvocati procedono nella loro lotta legale, Chase viene analizzato da una dozzina di psichiatri.
L'assassino confessa loro di sentirsi malato e che solo il sangue può salvarlo. Ammette anche di aver provato una brutta sensazione mentre uccideva le proprie vittime e che ha perso per molti giorni il sonno, terrorizzato che tornassero dal Regno dei Morti per tormentarlo.
Confessa anche che il primo omicidio è stato un incidente. Era arrabbiato con sua madre che non voleva fargli una visita di Natale e aveva cominciato a sparare a casaccio, colpendo così Ambrose Griffin.
Alla fine, lo psichiatra al quale spetta la parola finale dichiara che Chase non è schizofrenico bensì è dotato di una personalità antisociale. I suoi processi di pensiero non sarebbero disgregati ed è ben consapevole della differenza tra giusto e sbagliato, conscio che quello che ha fatto appartiene alle cose sbagliate.
Il 2 gennaio 1979 si apre ufficialmente il processo, dopo una serie di lungaggini dovute all’odio della cittadinanza di Sacramento, sede processuale. A seguito di violente manifestazioni di protesta, la sede processuale dovette essere spostata a San José. Nonostante Chase, sempre più deperito e malconcio (pesa ormai 48kg), dichiari di non essere stato cosciente durante gli omicidi, nulla può contro il preparatissimo avvocato dell'accusa ed i suoi 100 testimoni.
L'8 Maggio del 1979, dopo cinque ore di deliberazione, la giuria dichiara l'imputato Richard Trenton Chase colpevole di sei omicidi di primo grado e per questo lo condanna alla morte.
Curioso notare che delle 5 ore di deliberazione, solo 1 di esse sia servita alla giuria per decidere della colpevolezza di Chase. Le altre 4 ore di deliberazione sono servite invece per decidere a quale pena di morte sottoporre il killer. Alla fine, dopo aver valutato anche l’ipotesi della camera a gas, si è optato per la sedia elettrica del Penitenziario di San Quintino.
Durante la prigionia, come di consueto nei casi più eclatanti, i vari profilers dell'FBI faranno molte visite a Chase, allo scopo di studiare meglio le varie tipologie dei serial killer e per arricchire il loro database di informazioni.
Uno di loro, Robert Ressler, che già aveva steso il profilo di Chase durante le investigazioni, scriverà anche un libro, dal titolo "Whoever Fights Monsters".
Dalle interviste che Ressler pone a Chase emerge tutta la follia del Vampiro di Sacramento.
Chase racconta al profiler di aver ucciso per sopravvivere all'avvelenamento da sapone per i piatti di cui è affetto. Poiché, giustamente, Ressler gli chiede delucidazioni, Chase aggiunge che per capire se si è malati bisogna sollevare il contenitore del proprio sapone per i piatti. Se sotto è asciutto allora siamo sani, se invece c'è della schiuma o il contenitore ha la superficie appiccicosa, allora l'avvelenamento ci ha colpiti e presto polverizzerà il nostro sangue.
Ma l'avvelenamento non è l'unica disgrazia che perseguita il povero Chase. Secondo l'assassino, a quanto si legge sempre sul libro di Ressler, parte degli omicidi è da imputare ai Nazisti Alieni. Chase ammette infatti di simpatizzare per gli Ebrei perché ha una Stella di David invisibile incisa sulla propria fronte. Questa stella gli ha però inimicato i Nazisti che, in collaborazione con gli Alieni, hanno cominciato a dargli degli ordini telepaticamente, inducendolo a uccidere degli innocenti.
Al termine delle interviste, Chase dichiara di essere disponibile a segnalare su di un radar la posizione della base degli Alieni e richiede spesso a Ressler di analizzare la sua cena, alla ricerca di veleno.
A causa dell'efferatezza dei suoi crimini, Richard Chase non è ben visto dagli altri carcerati, che spesso lo insultano, lo picchiano e lo invitano a suicidarsi. Per questo motivo Ressler insisterà a lungo per ottenere un trasferimento di Chase in un ospedale psichiatrico, ma senza successo.
Il 26 dicembre del 1980, il giorno precedente al terzo anniversario del primo omicidio, alle 23.05, la guardia controlla nella cella di Richard Trenton Chase per la consueta ronda notturna e lo trova sdraiato sullo stomaco, con entrambe le gambe fuori dal letto e con i piedi poggiati sul pavimento. La testa è schiacciata contro il materasso e le braccia sono incrociate sul cuscino. Il Vampiro di Sacramento è morto suicida.
Chase doveva assumere tre pillole al giorno di Sinequan, per combattere la depressione e le allucinazioni. Evidentemente le ha tenute da parte per molto tempo e le ha ingerite tutte insieme, causando così la propria morte.
Nonostante le sue preoccupazioni, durante l'autopsia è risultato essere perfettamente sano.
Ancora oggi, l'FBI utilizza il profilo criminale di Richard Trenton Chase come modello dell'assassino disorganizzato.
"Come selezionavi le tue vittime?"
"Percorrevo in lungo e in largo le strade, fermandomi di tanto in tanto ad analizzare le porte. Se la porta era chiusa voleva dire che non ero il benvenuto."
(Tratto dall'interrogatorio dell'agente Ressler a Richard Trenton Chase)

domenica 25 dicembre 2011

HUMAN HUNTING: DICIOTTESIMA LEZIONE


Anche se i "cacciatori" di criminali esistono da sempre, praticamente da quando esiste il crimine, i veri progressi nel campo dell'investigazione si sono avuti probabilmente solo a partire dalla seconda metà dell'Ottocento in poi. 

Il notissimo antropologo e psichiatra italiano Cesare Lombroso, aveva studiato a lungo la fisiognomica, con la quale cercava di trovare corrispondenze scientifiche tra alcuni tratti somatici del corpo umano e l'attitudine a delinquere. 
Tuttavia i veri e propri passi da gigante si sono fatti solo negli ultimi decenni, da quando i crimini seriali sono aumentati in modo esponenziale, rendendo necessario costituire vere e proprie task force in praticamente tutti i paesi del mondo.
C'è da dire che non è stato solo il progressivo e continuo aumento di crimini seriali a far progredire enormemente il campo delle investigazioni. Un grosso merito va alla tecnologia che sempre più spesso e in maniera sempre più determinante ha aiutato gli addetti ai lavori a risolvere casi criminosi che nei secoli addietro non avrebbero mai avuto un colpevole. 
Oggi, con le reti informatiche, le grandi banche dati, le tecnologie al limite del fantascientifico per la rilevazione e l'analisi di ogni tipo di reperto, le forze di polizia hanno a loro disposizione una mole enorme di informazioni. 
In questa sede analizzeremo alcune delle forze investigative coinvolte nella caccia agli assassini seriali.

lunedì 19 dicembre 2011

HUMAN HUNTING: DICIASSETTESIMA LEZIONE


Nella risoluzione di un crimine sono fondamentali le prime 48 ore di indagine. 
Prima ancora di passare però all'esame ed all'analisi della scena del crimine, bisogna contattare ed interrogare la persona che ha dato l'allarme e segnalato il crimine alle forze dell'ordine. 
Non è raro, e quindi non ne va trascurata la possibilità, che la stessa persona possa avere a che fare con il crimine stesso. E' importante, perciò, sapere chi è, come ha scoperto il delitto, dove vive e con chi e soprattutto se conosceva in qualche modo la vittima. 

lunedì 12 dicembre 2011

HUMAN HUNTING: SEDICESIMA LEZIONE


E' importante elencare tutte le differenze che esistono tra gli assassini seriali dei due diversi sessi per capire quanto profondamente diversa sia la loro natura, ed il motivo stesso per cui la donna serial killer costituisce una categoria a sé stante. 

lunedì 5 dicembre 2011

Cella d'isolamento #3: Charles Manson & The Manson Family



Charles Manson nacque come Charles Milles Maddox il 12 novembre 1934 a Cincinnati, cittadina dell'Ohio, da Kathleen Maddox. E' oggi conosciuto anche con l'appellativo "Mr. Satana".
Kathleen, sua madre, era una sedicenne nubile, nata e cresciuta in una famiglia di fanatisti religiosi che le imposero una rigida educazione e restrinzioni ferree. A causa di questa condizione insostenibile, scappò di casa e, per mantenersi, si diede alla prostituzione.
E proprio da uno di questi incontri occasionali con i suoi clienti fu concepito Charles.


Nelle prime settimane di vita il nome del bambino fu "No Name Maddox", poiché Kathleen non sapeva che nome dare a suo figlio. Dopo due settimane decise di chiamarlo Charles Milles Maddox. Quando si sposò, negli anni successivi, Charles venne riconosciuto dal nuovo marito di sua madre, e cambiò il suo cognome in Manson, anche se una seconda teoria vuole che questo cognome fosse stato dato dalla stessa Kathleen a suo figlio, per via del gioco di parole "MAN+SON=FIGLIO DELL'UOMO", per sottolineare la genericità della paternità.
Nel 1939 Kathleen viene arrestata per rapina a mano armata. Charles ha 5 anni e viene dato in affidamento alla famiglia degli zii di sua madre, una famiglia residente in Virginia. La zia si rivela una donna perfida e fanaticamente religiosa, il marito è un crudele maschilista dalla mente instabile che chiama Charles con l'appellativo "femminuccia". Manson racconta che il primo giorno di scuola, un giorno molto importante nella vita di ogni individuo, suo zio lo ha obbligato a vestirsi da bambina, mettendolo in imbarazzo con i propri compagni per molti anni.
Uscita di prigione, Kathleen riprende suo figlio con sé, ma non è una felice convivenza: lo picchia a sangue, lo propone come merce di scambio per la birra, e finisce per affidarlo ad un centro per le adozioni. Charles ha 12 anni, e tutte le angherie subite plasmano il suo carattere. Scappa dal centro adozioni e da il via alla sua carriera criminale, per mantenersi.
Si macchia di piccoli crimini per furto e inizia il suo via vai dai riformatori.

Anche in prigione sperimenta la violenza, subita da parte degli altri detenuti più grandi e, in alcuni casi, anche dalle guardie, quando non si limitano a guardare.
Anche per questo tenta l'evasione molte volte. Ci riesce a 17 anni quando, insieme ad altri due detenuti, scappa dal carcere e commette il primo reato federale: i tre ragazzi rubano un'auto e si dirigono nello Utah. Lungo il tragitto svaligiano molte stazioni di servizio. Sono quindi fermati, arrestati e messi in una prigione federale. Qui Manson viene sottoposto ad indagine psichiatrica: risultato pericoloso, antisociale e instabile è trasferito in un carcere di massima sicurezza.
Durante questa nuova detenzione, forte anche della sua spiccata dote di grande affabulatore e del suo notevole carisma, impressiona positivamente i terapisti che lo sottopongono, tra l'altro, ad un test d'intelligenza da cui emerge un punteggio definito brillante: 121 su una media che va dagli 85 ai 105 punti.
Viene dunque dichiarato "riabilitato" e pronto per tornare in libertà. Un mese prima della data di udienza per la scarcerazione, però, si rimette nei guai: minaccia con un rasoio e sodomizza ripetutamente il suo compagno di cella. Viene dunque spedito in un riformatorio ancor più duro, dal quale esce a 19 anni. E' il 1954.
Di nuovo un furto d'auto e numerose rapine, e di nuovo in prigione. Riesce nuovamente ad ottenere la commutazione della pena per buona condotta, convincendo anche una cameriera incinta, conosciuta durante le sue scorribande dentro e fuori dal carcere, a firmare la richiesta di libertà vigilata, asserendo di essere la sua ragazza e di aspettare il suo bambino. Alla luce di ciò, Manson ottiene di scontare la pena presso l'abitazione della donna.
Ovviamente non rispetta la legge. Fa anche di peggio: nel giro di pochi giorni picchia e violenta due donne. Viene riconosciuto. Arrestato. E stavolta viene spedito per dieci anni nel penitenziario dell'Isola McNeil, nello Stato di Washington. Durante questi 10 anni nasce la sua ossessione per la musica, o meglio, la sua ossessione di diventare un musicista di successo.
Nel 1967, pagato ogni debito con la giustizia, esce su cauzione.
Sono gli anni degli Hippie, dell'amore libero, del Flower Power e della Summer of Love, e Manson si avventura per San Francisco con la sua chitarra e 35 dollari in tasca.
Conosce la bibliotecaria 23enne Mary Brunner, che si innamora perdutamente di lui, e si stabilisce nella casa della donna. Successivamente conosce Lynette Fromme, 19enne di famiglia agiata appartenente all'alta borghesia. Nonostante Mary sia predisposta più a un rapporto monogamo che non poligamo, sono gli anni dell'amore libero e deve acconsentire a lasciare che anche Lynette vada a vivere con loro. E di certo non è finita. Ben presto arrivano altre ragazze, e successivamente anche ragazzi. Tutti attratti dal carisma di Manson, dalle droghe, dalla possibilità di vivere l'amore senza le restrizioni morali e piccolo-borghesi volute dal sistema. Il gruppo prende il nome di "The Family", e diviene una vera e propria SETTA, anche conosciuta come "Manson Family", nonostante Manson abbia sempre negato di aver fondato egli stesso la Famiglia. Il gruppo conta dodici membri, ma Manson raccoglie intorno a sé almeno 50 "adepti" che lo venerano e gli obbediscono ciecamente. Il gruppo si trasferisce, a questo punto, in un ranch nella Simi Valley, dove si mescolano bizzarri rituali, progetti omicidi, rapporti sessuali promiscui, e si assumono droghe, soprattutto allucinogeni, tra cui massicce dosi di LSD.
Manson, leader indiscusso del gruppo, presiede ad ogni attività della casa e da' inizio ai suoi vaneggiamenti a sfondo razzista. Quello che differenzia la Manson Family dalle altre comuni hippie sono, infatti, il fanatismo religioso-esoterico e la xenofobia nei confronti della gente di colore.
Pur essendo poco più che analfabeta, in carcere Charles ha cominciato a leggere l'Apocalisse e a maturare bizzarre filosofie relative a molte cose. Si lascia crescere barba e capelli asserendo di essere il nuovo Messia, incarnazione di Dio e Satana, e di essere la chiave di volta per il Giorno del Giudizio. Ha, inoltre, elaborato una sua teoria su una canzone di successo dei Beatles, "Helter Skelter", che letteralmente significa "caos dovuto allo scivolare", e che i Beatles hanno scritto descrivendo quel che avviene quando si sale su alcune attrazioni dei luna park. Manson interpreta questo "caos" come quello relativo al Giudizio Universale, e interprata lo "scivolamento" di cui si parla come la collisione dei pianeti. Incapace però di elaborare soltanto una propria teoria, si unì prima al movimento di Scientology e subito dopo a quello del "Processo". Questo movimento era nato in Inghilterra per mano di un dissidente di Scientology, ed i suoi seguaci erano noti per indossare una cappa nera e predicare uno stile di vita fatto di rituali satanici, mescolati ad uso di droghe ed inni alla violenza. Inoltre riconoscevano nel loro capo Gesù Cristo, ed a lui davano totale obbedienza. Ma per Charles Manson, questo era troppo. Lui non poteva obbedire ad altre persone, di chiunque si trattasse, così si allontanò anche da questa setta e decise di crearne una propria, prendendo spunto da tutte quelle in cui aveva militato.
Ne nacque così una teoria strampalata la quale prevedeva che, all'approssimarsi della fine del mondo, Cristo e Satana avrebbero stretto un'alleanza. La fine del mondo sarebbe arrivata dal contrasto razziale, da cui sarebbe scaturita una guerra nucleare. In particolare per Charles, da sempre razzista convinto, la colpa dei crimini era esclusivamente dei "negri" e la popolazione bianca si sarebbe ben presto ribellata fino, appunto a scatenare una guerra. Alla fine della guerra, la Famiglia Manson sarebbe uscita dal nascondiglio nel deserto e avrebbe preso il controllo del nuovo ordine.
        
Per far si che questa guerra scoppiasse però era indispensabile accelerarne i meccanismi, accusando la popolazione nera di ogni indicibile violenza. Ma per questo progetto San Francisco non era il posto adatto, per via della troppa droga che già girava. Era difficile in quel marasma fare emergere qualcosa che potesse far notizia. Allora la Famiglia Manson decise di spostarsi (imitando anche in questo la setta del Processo) nella più tranquilla Los Angeles. La nuova comunità appena insediatasi viveva di spaccio di stupefacenti e furti di carte di credito, ed intanto cresceva anche grazie alle giovani ragazze che si univano al gruppo attirando anche altri ragazzi dietro la concessione di favori sessuali. Di giorno in giorno, Charles seppe sfruttare la sua prima regola filosofica, quella del "fare sempre paura". E fu proprio quello che fece, con il risultato che con il passare del tempo ogni membro della Famiglia era intimidito dalla sua personalità e lo vedeva realmente con una sorta di nuovo Gesù in terra. A questo, Charles aggiungeva anche riti di dubbio gusto, ma che avevano un forte effetto sulle menti offuscate dalle droghe degli stessi membri. Ad esempio era solito farsi legare su una croce e pretendere che gli altri membri si denudassero sotto di lui e facessero sesso tra di loro. Intanto la sua filosofia razzista diventava sempre più radicale e i principi su cui si basava vennero ridotti a tre: i "negri" esistevano sulla terra solo e soltanto per servire come schiavi la razza bianca, le donne esistevano soltanto per gratificare sessualmente gli uomini e nessun azione umana era malvagia, neanche l'omicidio. 

Intanto i preparativi per spostarsi nel deserto ad attendere la fine della guerra razziale andavano avanti, ed una grossa quantità di armi veniva raccolta dalla famiglia. Tutto questo avveniva senza che Charles abbandonasse la sua passione per la musica e la sua convinzione che in questo campo avrebbe fatto successo. In effetti casualmente riuscì ad avvicinare qualche personaggio del mondo della musica. Questo avvenne quando due ragazze della Famiglia ricevettero un passaggio da Dennis Wilson, il batterista dei Beach Boys. Le ragazze gli dissero di essere appartenenti del clan Manson, e gli presentarono lo stesso Charles. Prima ancora che Wilson potesse rendersene conto, tutta la famiglia prese a frequentare stabilmente ed in massa la sua sontuosa residenza. Fu in questo periodo che Manson conobbe il produttore musicale e televisivo Melcher, che abitava a Bel Air, quartiere lussuoso alla periferia di Los Angeles, e più precisamente al 10050 di cielo Drive
Quando il momento dovette sembrargli maturo per spostarsi fuori dalla città, in attesa del conflitto razziale, Manson e la Famiglia si stabilirono nella San Fernando Valley, ad una cinquantina di chilometri da Los Angeles, in un ranch di proprietà del padre di una delle ragazze del clan, Sandra Goode. La posizione era strategica, abbastanza isolata ma non troppo lontana dalla città. Inoltre era situata non distante dai nascondigli della droga, che continuava a circolare in quantità sempre maggiori nel ranch, tanto che spesso arrivavano dalla città bande di motociclisti a rifornirsene. Questo isolamento rafforzò ulteriormente il controllo di Charles su ognuno dei membri del gruppo. I suoi insegnamenti circa gli omicidi divennero sempre più frequenti, e la regola che si definì era quella che, siccome la morte non esisteva realmente, non era reato uccidere un'altra persona. La vita al ranch veniva finanziata dallo spaccio di droga e dalle rapine notturne in città, che Charles stesso organizzava in quelle che chiamava le "spedizioni del brivido". Reclutando persone tramite la droga e le ragazze, il numero dei membri del clan crebbe ulteriormente, e Charles sperava che crescesse ancora di più, cosa che riteneva fondamentale per quella che ormai aveva preso a chiamare "la guerra ai porci".
Il piano per scatenare la guerra era semplice. Charles aveva stilato una lista di "porci" da eliminare, facendo in modo che gli indizi portassero ad una banda di "negri" e la colpa ricadesse su questi. Nella lista nera c'erano personaggi del calibro di Warren Beatty e lo stesso produttore musicale Melcher, colpevole di non aver prodotto un suo disco e di non averlo ricevuto a casa sua quando una volta Charles vi si era presentato, senza appuntamento.
La famiglia Manson ormai era una macchina perfettamente programmata per uccidere. E ben presto fu quello che successe. Il primo a morire fu Gary Hinman, un 32enne seguace di un culto buddhista, che aveva commesso l'errore di mandare al diavolo charles Manson tempo prima. La notte del 25 luglio 1969, lo stesso Manson, seguito da altri membri della famiglia, si recò a casa di Hinman e lo terrorizzò per tutta la notte, tagliandogli anche un orecchio. Prima di andarsene si fecero intestare 3 autovetture ed un minibus. Ma non finì qui. Manson gli mandò la notte successiva tre dei suoi: Susan Atkins, Mary Brunner e Bobby Beausoleil. Gary Hinman fu pugnalato a morte e prima di lasciare la casa, i tre assassini scrissero con il sangue della vittima "porco politico" sul muro, poi disegnarono un'impronta di pantera per far ricadere i sospetti e la colpa sulle pantere nere, un noto gruppo criminale di gente di colore.

IL MASSACRO DI CIELO DRIVE:

Pochi giorni dopo, la sera del 9 agosto, dopo un'orgia Manson chiamò a rapporto Tex Watson e gli ordinò di recarsi a Cielo Drive, nella casa di Melcher. Lo stesso Manson non aveva ben presente a chi era stata affittata la casa, disse soltanto che era qualche star del cinema. Di questo era a conoscenza perché, la volta che si era presentato senza invito nella vecchia residenza di Melcher, un fotografo l'aveva allontanato dicendo che ora in quella casa viveva "quel" famoso regista con "quella" famosa attrice, sua moglie. L'ordine era di andare lì e di commettere il crimine più orrendo di cui fossero capaci: voleva che fossero uccisi, squartati e appesi agli specchi. A Watson furono assegnate come complici anche Susan Atkins, Patrica Krenwinkel e Linda Kasabian, la quale avrebbe dovuto star fuori a fare da palo. I quattro partirono armati di lunghi coltelli, un fucile calibro 22 e 13 metri di filo di nylon. Appena arrivati sul posto, prima ancora di entrare si assicurarono di isolare la residenza, tagliando i fili del telefono sul muro di cinta della villa. In quella casa vivevano i coniugi Roman Polansky e Sharon Tate, in quel periodo incinta di otto mesi, a due sole settimane dal parto. Così, ad esclusione di Linda Kasabian, gli altri tre scavalcarono la recinzione per introdursi nella villa ma, in quel momento, sopraggiunse Stephen Earl Parent, amico del custode della villa. Il giovane notò i movimenti furtivi e bloccò la macchina, ma si trovò presto accerchiato dai quattro ed ebbe solo il tempo di chiedere che non gli si facesse del male, che Watson gli sparò quattro colpi alla testa. Il massacro, ora, poteva avere inizio. Sharon Tate quella sera aveva ospiti: Jay Sebring, il famoso parrucchiere delle star del cinema, Abigail Folger, la venticinquenne figlia del magnate del caffè omonimo ed il suo fidanzato polacco Wojiciech Frykowski. I tre furono presto radunati al piano terra della villa e fatti stendere a terra. Il primo ad essere colpito fu Sebring che protestò affinché la Tate, in quanto incinta, fosse lasciata stare. Per tutta risposta si ritrovò una pallottola conficcata nell'ascella prima, e finito con una serie di pugnalate dopo.
 
Watson poi, legò la corda che aveva con sè al corpo di Sebring e, facendola passare al di sopra della trave al soffitto, dall'altro capo al collo delle due donne, che erano costrette a stare in punta di piedi per non soffocare. Poi ordinò a Susan Atkins di eliminare Frykowski, che però riuscì a scappare dalla porta che dava sul giardino, ma inciampò: fu raggiunto ed ucciso con una serie di coltellate. Stessa sorte poi toccò alla Folger. anche lei riuscì a liberarsi e scappare ma fu inseguita e pugnalata alle spalle. Quando poi cadde venne ripetutamente accoltellata fino alla morte e anche oltre. Rimaneva solo Sharon Tate, implorante di essere lasciata viva solo per via del figlio che aveva in grembo ma la Atkins, ancora su ordine di Watson la uccise con sedici coltellate per poi leccarsi il sangue dalle dita. L'ultimo atto prevedeva di scrivere con il sangue su una finestra, la parola "PIG", cosa che venne puntalmente fatta con un asciugamano imbevuto con il sangue della Tate. Tornati al ranch, fecero un dettagliato resoconto della serata e l'euforia fu tale che Manson ordinò per la sera successiva una nuova spedizione, e questa volta sarebbe stato lui stesso a capeggiarla.
 
La sera del 10 agosto, i quattro del massacro di Cielo Drive ripartirono insieme a Manson ed altri due membri del gruppo, Steve Grougan e Leslie Van Hougen. A cadere vittime della loro follia stavolta furono due coniugi, Leno e Rosemary LaBianca. Fu lo stesso Manson ad introdursi in casa loro, evitando i cani da guardia e dopo aver legato le due vittime, tornò in macchina e diede ordine di entrare e finire il lavoro. Leno fu ucciso con 12 coltellate e colpito ancora per 14 volte con un forchettone da cucina. Rosemary invece morì a causa di ben 41 coltellate. La scritta che comparve sui muri della casa stavolta diceva "Morte ai porci".
 
L'ultima vittima della famiglia Manson fu Donald Shea, detto Shorty, un membro della famiglia stessa, colpevole di aver sposato una donna di colore. La sentenza di morte fu pronunciata il 26 agosto 1969. Shea fu immediatamente catturato dal gruppo, ucciso ed il corpo tagliato in nove pezzi.
 
Fu a questo punto che la fortuna iniziò ad andare contro Manson, perché una settimana dopo fu arrestato insieme ad altri venti membri del gruppo con l'accusa di furto di auto. La polizia non sospettava ancora di aver arrestato gli artefici dei delitti che da quasi un mese erano costantemente sulle prime pagine dei giornali. Fu a causa di Susan Atkins che gli omicidi vennero scoperti. La Atkins, infatti, prese a vantarsi con una compagna di cella, di essere tra le artefici dell'omicidio Tate. La compagna informò di questo una guardia. Entro la fine dell'anno Manson e gli altri partecipanti dei massacri furono condannati all'ergastolo, ad eccezione di Mary Brunner e Linda Kasabian, che testimoniarono per l'accusa.
 
Nel 1970 iniziò il processo contro Charles Manson.
Manson si presentò alla corte come "Charles Manson, altresì noto come Gesù Cristo, prigioniero" e disse alla corte: "Non sono mai andato a scuola, quindi non ho mai imparato bene a leggere e scrivere, ho sempre vissuto in prigione e sono sempre stato un po' stupido e bambino, mentre vedevo il mondo davanti a me diventare grande. Adesso guardo le cose che voi fate e non le capisco. Mangiate carne e uccidete esseri che sono migliori di voi, poi dite che i vostri figli sono degli assassini. Siete voi a fare dei vostri figli quello che sono... Questi figli che vengono da voi con i coltelli in mano, sono i vostri figli".

Egli si presentò con una X incisa sulla fronte: in seguito, dopo diversi anni di prigione, Manson stesso modificò l'incisione sulla fronte facendola diventare una svastica. Il processo è entrato nella storia degli U.S.A. per la sua incredibile lunghezza: il solo dibattimento preliminare durò quasi un anno. Charles non confessò gli omicidi della sua banda, né di altre azioni criminali; Susan Atkins invece, rivelò che Manson aveva programmato di uccidere in seguito nomi noti nello show business come Liz Taylor, Steve McQueen, Richard Burton e Frank Sinatra, pur non avendo prove materiali a sostegno. Il 29 marzo 1971 il processo si chiuse con la condanna a morte di tutti i componenti della "Famiglia", ma nel 1972 lo Stato della California abolì la pena di morte, e Manson e la sua setta vennero spostati dal braccio della morte al carcere, con pena commutata in ergastolo. Il 25 maggio 2007, presso il carcere di Corcoran, l'undicesima udienza richiesta da Manson per ottenere la libertà vigilata è stata respinta. L'uomo, 74 anni al tempo del processo (di cui 42 trascorsi in carcere), non era presente all'udienza, ma dichiarò alla stampa tramite il proprio avvocato che nel 2012 avrebbe presentato puntualmente la sua dodicesima domanda di rilascio.
Charles Manson è tuttora in carcere.

* Il numero delle vittime viene attribuito a lui in quanto colpevole di essere il vero mandante dopo un'abile abuso di credulità dei suoi "discepoli". In realtà, la maggior parte dei delitti non è stata commessa da Charles Manson, pertanto, tecnicamente, non può essere considerato un vero serial killer. 








HUMAN HUNTING: QUINDICESIMA LEZIONE


La donna serial killer merita una sezione tutta a sè, in quanto le differenze dal "collega" maschile sono talmente  tante e profonde da non poterla etichettare velocemente come "atipica". Merita, dunque, una trattazione specifica. 

HUMAN HUNTING. QUATTORDICESIMA LEZIONE.


Oggi, nel corso della nostra quattordicesima lezione, tratteremo l'argomento delle perversioni, definendole e analizzandole, per capire quanto esse incidano fortemente nella visione distorta di un assassino.

giovedì 1 dicembre 2011

Human Hunting. Tredicesima Lezione.



Per quanto molto spesso la religione sia fonte di buoni sentimenti, succede talvolta che, quando sfocia nel fanatismo, può portare a pericolose distorsioni dei testi sacri, che fanno sentire in dovere chi ne è fortemente influenzato ad agire secondo il proprio modo di vedere il mondo.


Diversi sono i serial killer che nell'infanzia hanno avuto una rigida educazione religiosa (praticamente sempre cattolica secondo le statistiche), che li hanno poi portati a rivolgersi verso una determinata categoria di vittime, che secondo loro incarnava il malvagio, il dente marcio della società. 
E' il caso dei cosiddetti missionari, un particolare tipo di serial killer che rivolge la sua follia omicida verso categorie definite "a rischio", ad esempio le prostitute, che ritiene meglio eliminare per il bene del mondo. 
Questa motivazione è anche pressochè sempre presente negli omicidi seriali riconducibili alle   sette assassine , soprattutto quelle appartenenti alle correnti del satanismo.

Lunedì 5 dicembre, nel corso della nostra quattordicesima lezione, tratteremo nel dettaglio tutte le maggiori perversioni che fanno parte dell'universo distorto delle menti criminali.

DOSSIER: Le sette sataniche


DEFINIZIONE DI SETTA
Cruenti fatti di cronaca hanno portato i mezzi di comunicazione ad occuparsi sempre più spesso di sette e congregazioni, ma che cosa sono? Nel gergo comune infatti la parola assume un significato negativo e in modo quasi automatico si pensa all'equazione setta=comportamento criminale; in realtà la parola latina secta
deriva da sectorseguire”, ma si potrebbe far risalire anche al
verbo seco che significa “tagliare, separare”. Quindi la setta può essere vista sia come gruppo di seguaci di una persona o di una particolare dottrina; sia come gruppo che si è separato da un'aggregazione maggioritaria.
Anche nel Rapporto del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del 1998 non si dà una connotazione negativa al termine ma si definiscono sette «tutte quelle aggregazioni di origine relativamente recente, ispirate alla predicazione di un capo spirituale o a dottrine di tipo iniziatico, i cui principi appaiono diversi da quelli delle confessioni religiose tradizionali (cristianesimo, ebraismo, islamismo, buddismo, induismo, confucianesimo) e dei grandi sistemi filosofici occidentali».
Sulla stessa linea troviamo il Rapporto del Consiglio d'Europa del 1999 che dà priorità alla prevenzione del proselitismo scorretto suggerendo tuttavia all'autorità statali di mantenere un atteggiamento di tolleranza ma al tempo stesso di vigilanza nei confronti dei nuovi gruppi religiosi. Si esorta inoltre ad intraprendere un'opera di prevenzione attraverso la diffusione di informazioni e l'educazione dei giovani ad una conoscenza critica del fenomeno, inserendo nei curricula scolastici argomenti inerenti.

Human Hunting. Dodicesima Lezione.


IL RUOLO DELLE FANTASIE
Fra i lust killer, ma in quasi tutti gli assassini seriali, fantasticare un’esperienza sadica e brutale con la vittima è un momento comune e centrale.
Il comportamento che l’omicida tiene sulla scena del crimine si modella appunto su tali fantasie, che anticipano l’azione. Ma l’impossibilità che la vittima risponda all’aggressione in modo esattamente prevedibile conduce a una discrepanza fra quanto immaginato e quanto sperimentato nel momento dell’esplosione della violenza.
Non ci potrà mai essere piena corrispondenza fra aspettativa e realtà, e sarà proprio questo a fornire il carburante per le nuove fantasie.