lunedì 12 dicembre 2011

HUMAN HUNTING: SEDICESIMA LEZIONE


E' importante elencare tutte le differenze che esistono tra gli assassini seriali dei due diversi sessi per capire quanto profondamente diversa sia la loro natura, ed il motivo stesso per cui la donna serial killer costituisce una categoria a sé stante. 


Si può forse affermare che, a parte la già citata passione malsana in comune di maltrattare gli animali nell'infanzia, il resto è completamente differente, dal tipo di armi utilizzate alla tipologia di vittime fino allo sviluppo della sessualità.

- TEMPISTICA
Prima profonda differenza nel binomio uomo-donna serial killer sta innanzitutto nei tempi. 
La donna comincia  ad uccidere quando ha un'età tra i 30 ed i 40 anni, quindi circa un decennio più tardi rispetto al suo "collega" maschile, che invece comincia a colpire solitamente tra i 20 ed i 30 anni. 
A differenza del maschio, però, la sua "vita criminale" è lunga il doppio, con un tempo medio di attività che si aggira intorno agli 8 anni prima di essere arrestata. Per l'uomo la media è di 4 anni dal primo omicidio.

- MOTIVAZIONI
Alla base dell'omicidio seriale al femminile non c'è una pulsione sessuale distorta, non c'è una perversione latente che esplode, come avviene nella stragrande maggioranza dei casi di omicidi seriali maschili, perchè di fatto la donna non uccide praticamente mai per libidine o per dominare sessualmente la vittima. 
Le motivazioni  prettamente riscontrate nella donna serial killer sono quasi sempre il profitto, seguito da diversi disordini psicologici quali possono essere il complesso di Medea (tendenza della madre a desiderare e/o causare la morte dei figli) o come nel caso degli angeli della morte, le infermiere che provano un piacere irrefrenabile a dare la morte ai pazienti.

- METODI ED ARMI
Per le motivazioni sopra citate, l'assassina seriale utilizza armi e metodi profondamente diversi da quelli utilizzati da un uomo serial killer. 
Mancando la pulsione sessuale alla base dell'omicidio, manca anche la necessità di un contatto con la vittima stessa che nell'uomo è fondamentale. Per cui se questo preferirà, nella stragrande maggioranza dei casi, uccidere con le proprie mani (ad esempio attraverso strangolamento), la donna nell'80 per cento dei casi utilizza il veleno che sa usare con diabolica perizia, tanto da riuscire spesso ad indurre sintomi riconducibili a malattie comuni e che quindi le permettono di evitare di essere scoperta per più tempo.  
Soltanto il 16 per cento uccide per soffocamento (come nel caso di neonati, solitamente uccisi con un cuscino sul viso, cosa che simula la sindrome da morte improvvisa infantile, abbastanza comune nel primo anno di vita), ed il 20 per cento con armi da fuoco. 
La mancanza di un movente sessuale inoltre, comporta anche l'assenza del cosiddetto over-killing, ossia l'accanimento sulle vittime anche dopo la morte, rituale molto frequente tra gli uomini. 
Se da un lato questo lascia credere che il "gentil sesso" sia più gentile anche in questi casi così estremi, rispetto al corrispettivo maschile così crudele ed efferato, dall'altra parte si fa notare quanto più sadico ed efferato può essere un omicidio in cui si assiste alla morte lenta ed inesorabile di una persona cara, quasi sempre in preda a sofferenze prolungate e lancinanti causate dagli effetti lenti del veleno.

- VITTIME
Anche nella scelta delle vittime, tra uomo e donna serial killer c'è una profonda diversità di orientamento. 
Mentre l'uomo si orienta verso persone sconosciute, spesso di categorie già a rischio, la donna sceglie le sue vittime tra le persone conosciute, quasi sempre del suo stesso ambito familiare (mariti, compagni, figli). 
Ulteriore caratteristica è che le vittime vengono individuate ed uccise "sul posto", non si assiste cioè ad alcuna mobilità nel territorio da parte del serial killer donna, cosa che invece avviene per l'uomo.

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